Ma, alla parete, un quadro alla volta. Se basta, un disegno;
meglio ancora un'acquaforte. Le acquaforti non vanno appese come baccalà alle
pareti. Il loro effetto si perde nello spazio. Vanno viste piuttosto, come le vedeva
Baudelaire, il povero angelo diseredato. Egli che non trovò al mondo la sua
casa la sua compagna la sua terrazza la sua celletta bianca di calcina.
Baudelaire nelle brutte giornate o in quelle da semplice tempo cattivo si
chiudeva rinserrato dove poteva o andava pei vicoli degli ebrei, nello spigolo
rognoso di una qualche bottega da
venditore di vecchie stampe, a contemplarle segnetto per segnetto, con la lente
da ingrandimento. Vanno guardate, le
belle stampe, non alla carlona, correndo con la fretta interessata d'un
commesso viaggiatore delle Belle Arti, per le sale d'una esposizione.
E il miglior goditore, dell'opera d'arte, se essa è buona, è
l'artista che l'ha messa al mondo. A distanza di tempo la va a ripescare (ecco
perché Rembrandt ricomprava, a distanza d'anni le proprie stampe! Non per
specularci,- come gli hanno attribuita questa sciocchezza - ma per tornarle a
guardare con l'occhio amoroso che si trova, attraverso i segni, le sensazioni
del tempo). Noi, dell'altra volta, tempo caro, glorioso e sfiorito: quando
saremo vecchi, se ci arriveremo, vorremmo fare cosi.
(da Gli sposi, racconto di Passeggiata con la ragazza. Racconti e Acqueforti, Vallecchi Editore, Firenze 1930)